I Senzatetto
I senzatetto oggi sono una realtà quasi invisibile. Vivono per strada, affollano le mense delle associazioni umanitarie e, la notte, le stazioni. Ci accorgiamo di loro soltanto quando muoiono di freddo. Oggi vengono chiamati clochard, forse per ingentilire alle nostre orecchie questa scomoda realtà.
Si può diventare senzatetto per innumerevoli motivi. A volte è una scelta, altre un doloroso destino. Perdere il lavoro, la famiglia o l’equilibrio, qualche volta, porta una persona a vivere per strada. Chi fino a quel momento ha vissuto una vita come tante altre, diventa così un senzatetto. Uno che vive della carità e della disponibilità della gente.
Quando si vive in una grande città basta dover prendere un treno di sera per affrontare questa dura realtà. È doloroso pensare che i senzatetto sono genitori, figli, fratelli di qualcuno e giacciono al freddo sotto ad un cartone. Spesso sono in strada dimenticati dal mondo ed invisibili allo sguardo della maggior parte dei passanti.
È terribile ammetterlo ma ci si abitua a tutto, anche alle peggiori ingiustizie. Quasi sempre si finisce con il diventare cinici e distaccati, specie se la vicenda non riguarda direttamente noi.
Eppure non è sempre stato così.
I Senzatetto nel Passato
Mia nonna mi raccontava che, quando era giovane, le famiglie avevano l’abitudine di ospitare i senzatetto per i pasti e spesso per la notte.
I senzatetto di allora bussavano alle porte per avere un aiuto. Bastavano un piatto di minestra calda ed un semplice giaciglio. Non c’erano pretese da chi chiedeva gentilmente, né fastidio da chi dava senza troppa pena. Era la normalità.
Eppure mancava l’abbondanza di oggi e per dare qualcosa ad un senzatetto si rinunciava a quello che si aveva per se. C’era forse più fiducia e più onestà. C’era la capacità di compiere opere buone superando la paura di uno sconosciuto del quale si sapeva ben poco.
Così si creavano rapporti d’amicizia strampalati che andavano avanti anni senza forzature né richieste di cambiare lo stato delle cose.
È così che si cambia il mondo, con un piccolo gesto alla volta. Basta fare quello che si può per dare una mano, senza aspettarsi nulla in cambio.
Non servono gesti eclatanti, ma solo un po’ d’amore disinteressato nei confronti del prossimo.
Lettura consigliata: Tutta la vita in un giorno di Francesca Barra
I vocaboli stranieri nascondono fregature e/o brutture; ciò di norma.
Ciò premesso considero che viviamo pur in Paese cristiano e, per restare in tema, il “Bussate e vi sarà aperto” viene praticato con alte Mura sprangate (Leggi Mura Vaticane!). Qualcosina si muove invero, ma è poca cosa rispetto al fenomeno de quo.
Lo Stato è assente, ingiustificato! Sono incazzatissimo, mi si passi il francesismo.
Ai racconti di Tua nonna aggiungo un mio ricordo che ho lasciato, a futura memoria, ne “La meglio gioventù; uno spaccato della mia vita giovanile che insiste, appuntate sul mio Blog. Se richiesto lo invio in unica soluzione via mail.
”
Zumbarella (19/23)
La canna deve essere giovane di crescita, verde, piccola nella circonferenza, recisa a dovere e poi incisa con taglio sapiente e deciso. Si sfrega nelle mani, distanziando appena la linguetta così ricavata, e poi si suona. Praticamente è come quella che si trova nelle canne delle zampogne, all’interno, per i vari suoni emessi dall’otre sotto la maestrìa del tocco dei suonatori.
E’ solo una delle tante cose che ci insegnò uno stranissimo personaggio, un misto di realtà e fantasia. Egli si aggirava per le campagne, vivendo di elemosine, nelle campagne di Siderno e della Locride, dormendo in giacigli di fortuna, anche nei pagliai dei contadini, indossava un saio ed attirava, come le api ai fiori, noi ragazzini, tutti al suo seguito a rubargli le arti del vivere randagio ed ascoltare le sue narrazioni.
Suonare con uno stelo d’erba tra le mani, dissetarsi in campagna sapendo scegliere le erbe adatte da masticare, trovare cibo da consumare tra le erbe con rametti carnosi, ecc…
” ‘U monacu ‘i Prestarona”, era così identificato e da noi appellato quando si presentava nella nostra terra a farci compagnia e per dispensare il suo sapere, frutto di vita girovaga.
Quante cose apprese fuori dai libri!
“.
Ciao da luigi
Bello questo tuo ricordo. Forse in passato c’erano meno distrazioni e la curiosità dei ragazzini e l’attenzione degli adulti era maggiormente rivolta alle persone. Perché i rapporti umani erano alla base della vita.
Oggi tutta la tecnologia della quale disponiamo, che oggettivamente non è né buona né cattiva, viene usata per limitare al massimo il rapporto umano. Anche i bambini vengono cresciuti asetticamente, senza il “rischio” di sporcarsi, ammalarsi, sbucciarsi le ginocchia.
Ed ecco il nostro distacco, anche emotivo, dai senzatetto. A volte basterebbero due panini, per mangiare insieme ad una di queste persone, per ritrovare tutto quel “sapere frutto di una vita girovaga”.
A presto!
Ciao mr Loto
e buon 2017 di fertile creatività!
I senza tetto? Un dramma e una vergogna purtroppo. Solo la morte, se e quando fa notizia, li rende visibili. Ma in una società che ha perso tanti dei suoi valori umani non c’è da stupirsi. Tuttavia non tutti hanno mollato i principi di solidarietà e da invisibili come gli invisibili aiutano come possono chi non ha nulla se non se stesso. Poco, troppo poco ma per alcuni è meglio di niente e talvolta quella mano che li sfiora è un piccolo sollievo che da l’energia per resistere a stenti, freddo, indifferenza e pure a sguardi disumani. Non è un fenomeno raro nella Storia iconografica dell’umanità, ciò non consola anzi suscita una tristezza infinita. Pensare che presto l’uomo sbarca su marte ma non è in grado di dare un tetto di riparo ad alcuni del suo prossimo…beh ..meglio non dire ciò che viene alla mente.
Un carissimo saluto e un augurio per un weekhend di calore umano. 🙂
dif
Sono d’accordo.
Come giustamente hai scritto, fortunatamente esistono molte persone che in silenzio aiutano chi ne ha bisogno. E fanno davvero tanto, tantissimo, donando beni di prima necessità ma soprattutto attraverso il loro sorriso ed il loro amore verso gli altri. Francamente credo che uccida molto più l’indifferenza che il freddo.
Grazie, buon 2017 e buon fine settimana anche a te!
La mia nutrice, donna di grande spessore culturale, umano, sociale, ha terminato la sua vita, da pensionata, dedicandosi ai clochard.
In una cittadina laziale., nonna Tota, così chiamata affettuosamente da tutti, confezionava pasti, oltre li suo, che portava a coloro i quali vivevano in una piazza.
Era contenta e soddisfatta della stretta di mano e dei sorrisi che le dedicavano.
Nel suo piccolo, da ex Professoressa di Lettere pensionata, faceva del bene.
Non credo nel Paradiso e dintorni, ma se esiste sarà di certo colà.
Ciao da luigi
La gente non ci pensa mai ma gesti del genere riempiono il cuore di una tale pace che quando si inizia a fare qualcosa di buono per gli altri è difficile smettere.
Mi piacerebbe tanto vedere tante altre nonne, mamme e figlie fare come nonna Tota… le donne infatti hanno una sensibilità speciale, superiore per questo genere di cose. E noi uomini abbiamo tanto da imparare.
Ciao Luigi!
“Oggi tutta la tecnologia della quale disponiamo, che oggettivamente non è né buona né cattiva, viene usata per limitare al massimo il rapporto umano.”
Quanta chiarezza vedo in questa sua frase…
Effettivamente la tecnologia vista sotto un aspetto oggetivo non è né buona né cattiva, ma quell’ oggettività da chi proviene ,anche solo nell’ essere pronunciata, se non dalla soggettività ?É chi è il soggetto se non l’ Uomo stesso? Quindi la deduzione è molto logica ,l’uomo grazie al progresso tecnologico sta facendo di tutto per isolarsi da sé, * limitando al massimo il rapporto umano*, e divenendo per sua scelta un senzatetto spoglio e freddo talmente tanto a livello interiore da non accorgersi nemmeno quanto sia paradossale possederne uno sulla propria testa beneficiandone senza accorgersene..
Se si continua a vivere sottovalutando quello che si ha ,come ci si può accorgere di chi davvero non ha!
Dobbiamo trovare quell’ oasi nel nostro deserto interiore,credo.
In queste ore stiamo tutti penando attraverso la sensibilità che disponiamo di fronte alla tragedia di quell’ hotel in Abrzzo,dove albergavano tra l’ altro anche bambini.Stiamo dimostrando una grande solidarietà vedo,quindi se ne siamo capaci mi chiedo perché tirarla fuori solo in queste occasioni ,o magari l’ occasione, anche se disperata, ci viene data per svegliarci dandocene un insegnamento in qualcosa?
La vita di un senzatetto che muore di freddo vale meno di un gruppo di persone perché i numeri fanno la differenza o perché selezioniamo la ” qualità nelle persone” che decidiamo di aiutare?La sensibilità umana é controllabile se istintiva , o non è istintiva perché non é sensibilità??
L’ indifferenza Mr. uccide l’anima ,mentre il freddo uccide il corpo, e cosa ci rimane senza l’ uno e senza l’ altro, chiediamocelo.
Chiedo scusa per le tante,forse troppe domande,so che non tutte avranno risposta,proviamoci a farle …chissà se non tutte ,almeno qualcuna troverà risposta.
Grazie maestro e Auguri per la sua ” CURA “….
Hai ragione sul fatto che ognuno di noi dà per scontato i beni di cui dispone, materiali e non. Siamo sempre scontenti anche quando ci sarebbe da gioire.
Allo stesso modo siamo egoisti, anche quando ci sarebbe da non esserlo. Fortunatamente però, molte persone quell’oasi nel deserto interiore la trovano e, attraverso quella, irrigano d’amore anche la vita di chi non riesce ad uscire dalla miseria.
Ovviamente ogni vita ha lo stesso valore. Forse quando ad essere in pericolo sono le vite di chi “ci assomiglia” proviamo più paura. È questo che fondamentalmente aumenta la nostra empatia e la nostra sensibilità. Quello che ci sfugge istintivamente, secondo me, è che anche chi sembra non assomigliarci per niente in realtà è uguale a noi.
Ti ringrazio e ti auguro una lieta serata.
Argomento fin troppo attuale, purtroppo.
Le cause del problema sono almeno due: siamo sempre più abituati a delegare quelle che possono essere le nostre responsabilità, scaricando su altri (di solito il Governo) l’onere di risolvere le questioni.
E poi, abbiamo sempre più paura di essere coinvolti in qualcosa che potrebbe farci sentire in obbligo di fare di più, magari toccando la nostra disponibilità. E qui, purtroppo, devo aggiungere una triste considerazione: quante volte, donando qualche euro, mettiamo a posto la nostra coscienza, come se questo gesto, peraltro prezioso, risolvesse il problema. Ma in realtà stiamo facendo come Ponzio Pilato.
E poi, ancora più triste, scoprire che ci sono vere e proprie organizzazioni che vivono con i soldi che dovrebbero destinare a chi ne ha bisogno. Ormai non sappiamo più di chi fidarci.
Bravi piuttosto a coloro che fanno qualcosa di concreto restando nell’anonimato: io diffido di coloro che si mettono in mostra vantandosi di aver fatto del bene. Ce l’ha insegnato Gesù, ma lo abbiamo dimenticato. Francamente credo di più a chi dona un vecchio giubbotto, o una vecchia coperta, anche se lo fa perché non gli servono più, che a chi “dona” 10 Euro perché…
Ciao.
Hai descritto benissimo le due cause principali del problema, sei un ottimo osservatore. Sono d’accordo sull’anonimato che vale per chi dona qualcosa. Meglio ancora metterci la faccia lavorando per una buona causa anima e corpo.
Dato tutto quello che si sente in giro, hai ragione, non sappiamo più di chi fidarci… ma nel caso dei senzatetto basta andare da uno di loro in prima persona! Mi ha colpito molto, ad esempio, la storia di Dino, un pensionato di 85 anni che, grazie al suo interessamento, ha dato inizio a qualcosa di davvero bello ed importante, qui trovi qualche informazione: http://www.nonsprecare.it/pasti-poveri-roma-senzatetto-onlus-romamor-dino-impagliazzo
Buon fine settimana.
A volte basta così poco…
Ciao.
… già! Eppure spesso ci blocchiamo proprio davanti a quel “poco” pensando che non sia abbastanza. Invece è sempre meglio della totale indifferenza.
Ciao!
sinceramente esperienze dirette non ne ho, vivendo in una piccola borgata tutti hanno un tetto e un lavoro.
vige la norma di informarsi di come stanno i vicini soli se al mattino non si vedono in giro e aiutarli se malati.
come qualcuno va al super-mercato si chiede di bisogni. Si lavora di brutto per non farci mancare di nulla e il libero per la comunità. Non riesco a comprendere uomini che si arrendono e mollano e sopravvivono nell’indigenza. Credo che a nessuno vengano date prove che non possano essere superate. Chi sa forse ma senza forse se stessi in città sarei fra coloro che andrebbero la notte in giro con termos a confortare chi ha bisogno.Spero di non aver pisciato di fuori.
Per chi ha la fortuna di essere forte e di essere circondato da una comunità in cui ci si sostiene a vicenda è difficile capire come sia possibile ritrovarsi senza un tetto. Ma se mai ti capiterà di scambiare due parole con una di queste persone ti accorgerai che a volte può capitare di trovarsi indifesi di fronte a troppi problemi importanti e concatenati… siamo umani e a tutti può capitare di cadere. Il vero problema è il non avere nessuno che ci aiuti a rialzarci.
Ciao Andrea, buona domenica!
P.S. … sei restato perfettamente in tema! 😉
Non lo so.. ma non vedo niente di romantico in un senza tetto. Lo preciso perchè a volte li vedo descrivere come parte di un quadretto bucolico di una realtà metropolitana, fatta di degrado, indifferenza e diffidenza. Sì, perchè ormai si tende a vedere l’orco, brutto sporco e cattivo, celato dietro la figura trasandata del clochard. E’ l’immagine che rimanda un mondo divenuto inospitale e fobico verso tutto ciò che non è omologato. Difficile prendere posizione. Io sono tra quelli che non allungano monetine nelle mani dei mendicanti, perchè ho sempre il dubbio che serpeggia nella mente che siano lì per scelta, perchè è troppo complicato e faticoso lottare per migliorare la propria condizione. Capisco l’anziano che ha perso tutto, il lavoro, la famiglia, la casa. Ma vedo anche tanti giovani, spesso stranieri, adagiati in una vita di stenti, vivere di elemosine, per strada, fuori dai supermercati o nelle stazioni. Non posso negare che quest’ultima realtà descritta mi infastidisce, perchè ci vedo persone che non vogliono cambiare neppure se gliene offri la possibilità. Sicuramente sbaglio, ma non ho motivo al momento di cambiare questa sensazione che ho. p.s. ma l’Andrea ha sposato indissolubilmente l’espressione colorita di cui sopra? l’ha usata anche sul mio blog. Speriamo si ravveda 🙂
Il tuo pensiero è quello di molti.
È vero che alcuni senzatetto vivono quel tipo di realtà per scelta. Io ad esempio ne ho conosciuto uno. In quei casi non è esattamente che trovano complicato o faticoso lottare per migliorare la loro posizione. Piuttosto non riescono a restare chiusi negli standard di una vita ordinaria. In ogni caso trovo che abbiano bisogno del nostro aiuto sia materiale che umano.
Una volta qualcuno disse a Madre Teresa che c’era una persona che usufruiva della sua carità ma che non ne aveva bisogno perché in realtà aveva molti soldi. Lei rispose che avrebbe continuato a fargli la carità perché quella persona era la più povera tra i poveri che aiutava. Ovviamente si riferiva ad un tipo di povertà molto diversa e ben più grave di quella materiale.
Prova a condividere qualcosa con un senzatetto, fossero anche soltanto due parole. Potresti scoprire di aver migliorato un pezzettino di mondo.
Un abbraccio e l’augurio di una lieta domenica.
P.S. Andrea è un uomo di montagna, a volte un po’ rude nei modi ma dal cuore gentile! 😉
iersera ho vinto una spalla a briscola
stamani l’ho già arrotata con pane abbrustolito al camino, un po’ grassa ma non male.
Buona domenica e preparati, domani nevica anche qui al nord
…inizi a convincermi che la tua non sia fortuna alle carte ma vera bravura! 😉
Facevo una riflessione su questo post,su questa realtà: i senzatetto… Chi sono realmente.??
Notavo anche come Mr. cerca di invogliare i suoi ospiti nel soffermarsi sull’ aspetto umano verso queste persone, anche solo avvicinandosi fisicamente e fare quattro chiacchiere con loro,dedicandogli l’ ascolto …ascoltare quel loro modo di essere ,e quindi Dare non in senso materiale, che di sicuro necessitano ,ma Capire Cosa si nasconde dietro quel modo di vivere, che sia una scelta ? Chiediamoci quindi Perché una persona fa questa scelta? Perché ama starsene in disparte,solo,soffrendo il freddo e la fame volontariamente? Non credo,faccio fatica a comprenderlo.
Qualcuno dice non so se fidarmi di questa apparenza di degrado o se fosse inscenata una forma di guadagno dietro.Ammettendo che non sia un clochard autentico, saremmo stati truffati e questo non è corretto vero? E no…. non è corretto verso la nostra autenticità, quella nostra parte interiore più sensibile.
Personalmente credo che dietro ogni situazione vera o falsa che sia,giusta o sbagliata , ci sia sempre una logica dietro,una logica comportamentale legata ad un educazione priva di codici morali o carenti al punto tale da auto convincersi di non avere scelta cercando di migliorarsi.
Che strano che io dica questo vero maestro…libero arbitrio?
Io non permetto che si giudichi l’ altro solo perché la nostra “intelligenza ” è stata in grado di aprirci la porta a questa possibilità, Noi eravamo l’ Altro prima di raggiungere questa consapevolezza, Noi eravamo senza speranze, finché un giorno qualcosa ci ha svegliati…ma prima di questo risveglio eravamo dei rifugiati, perché no dei senzatetto a livello spirituale…
Dovremmo riflettere e ricordare su quando abbiamo perso quella persona a noi cara, su quando siamo rimasti senza lavoro,su quando ci siamo ammalati di quella gravissima malattia e siamo qui a raccontarlo mentre altri non hanno potuto, su quando con tutta l’ educazione data a nostro figlio è finito col drogarsi,su quando quel vicino accanto ,o quel marito o quella moglie o quel padre o quella madre ha giurato eterno amore e a colpi di fuoco ha spazzato tante esistenze …compresa la sua..Dobbiamo tenere a bada noi stessi prima di badare i fatti esterni,dobbiamo immedesimarci anche se con molta difficoltà nei comportamenti altrui ,scendendo nei nostri abissi interiori…solo così si potrebbe comprendere meglio la scelta o la non scelta di tutti quei comportamenti che esteriormente non capiamo.
Se è sbagliata la scelta di vita dell’ altro ,secondo i nostri parametri allora anche i nostri sono stati poco educativi venendo cresciuti nella bambagia..
E adesso venitemi tutti addosso!
Ho sorriso prima di fare questa esclamazione….cercando di rendere l’ idea che il miglior giudice che conosco è me stessa….
Caro maestro …buona serata
Immedesimarsi nell’altro per capirlo meglio è un buon metodo e per farlo il modo migliore è attingere dalle proprie esperienze dirette oppure usando l’empatia.
Ma bisogna anche cercare di amare l’altro per potergli essere di sincero aiuto. Amare l’altro come noi stessi. Bisogna quindi amare prima noi stessi… ma in funzione di ciò che possiamo dare agli altri, altrimenti non serve a niente.
Anche se pensi di essere un ottimo giudice, fai attenzione. Il giudizio ti allontana dalle persone, ti rende difficile amarle ed essere amata. Nella maggior parte dei casi non ne vale davvero la pena.
Ovviamente questo è solo il mio umile pensiero.
Buona notte.
Non sono d’ accordo sull ‘ ultima parte che ha scritto,primo perché non ho mai scritto di pensar di essere un ottimo giudice, ne tantomeno ho la pretesa di volerlo essere a dismisura, ho solo detto di essere giudice di me stessa, e credo che dovremmo esserlo un po di più tutti prima di essere giudici nei confronti degli altri.
Come si fa ad attingere dalle proprie esperienze o ad essere empatici se non abbiamo messo sotto giudizio soprattutto i nostri comportamenti, o vogliamo dare un messaggio dove tutto deve scivolarci addosso perché sono sempre gli altri ad avere responsabilità o colpe giudicandoli?
Cosa intendo per essere giudice di me stessa?
Rispondere prima a me e dopo a lei su ” quell’ umile pensiero ” che lascia trapelare con sottigliezza una parvenza di suo “giudizio su di me”.
Apprezzo molto questa forma “terapeutica ” (se mi consente di definirla tale) che attraverso la scrittura ci denuda un po tutti, ma spesso credo che ci immedesimiamo troppo nei pensieri altrui da avere la presunzione di conoscere molto bene il nostro interlocutore.
Mr Loto mi risponda con sincerità quando scrive, ha mai pensato in questi termini:
“Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, e infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.” (Buddha)
Molto spesso per giudice di me stessa io intendo queste parole e se mi allontano è perché mi è molto difficile Non amarle queste persone e quindi rinnegare l’ amore che ho per me stessa.
Spero di aver fatto chiarezza e grazie per avermi dato la possibilità di mettermi in discussione.
Tu avevi scritto “il miglior giudice che conosco è me stessa….” e non “il miglior giudice che conosco di me stessa sono io”. Ho frainteso, avrei dovuto collegare la frase al discorso precedente ma questa poteva anche essere scollegata.
Questo sottolinea i limiti dello scritto rispetto al parlato.
L’importante comunque è chiarirsi.
La riflessione di Buddha sul parlare la conosco bene. Lo stesso è scritto nel Vangelo, anche se in altri termini. Cerco di attenermi a tale saggezza ma sono umano. Sbaglio spesso anch’io! 😉
Buona serata.
OK va tutto bene …buona serata Mr..a presto
Nella mia città le persone che si trovano nel disagio le trovi sui portoni delle chiese o davanti ai supermercati.La settimana scorsa,reduce dal trasloco di mia figlia, ho radunato piumini plaid cuscini e ho cercato a chi potevano essere destinati. I ‘ ufficio apposito del comune mi ha suggerito un n. Di telefono,a questo numero..mi hanno destinato ad un altro tel..dopo varie telefonate ho parlato conio figlio assistente sociale e finalmente la mia calda e in perfetto ordine, sono andati ad arredare una comunità per donne in difficoltà. Bene, ma ero disorientata….altrove i potuto riporre il tutto in una cassapanca che ho in garage per tempi di crisi famigliare!
Altro episodio: sulla porta della chiesa della mia parrocchia c’è da tempo una persona.Non parla, ti guarda e basta.Se gli dai una moneta l’accetta sempre in silenzio
Una domenica mattina una signora,mia cara amica, era preoccupata perché, nella settimana che seguiva doveva andare a prendere un parente di anni, non.in carrozzina, ma disabile. Lampo di genio chiede a quella tal persona se fosse disposto a sostituirla nell’impegno. Certamente adeguatamente Ricompensato. In.denaro. Ha rinunciato! Certo avrà avuto i suoi motivi…..io continuo con la monetina. …ma ….a volte ….
Ringraziando il Cielo Novara da aiuto ai tanti poveri e la cosa più saggia per me è proprio sostenere queste comunità. Abbraccione. Torno presto.
Ciao Lucia, proprio ieri sera ti pensavo, mi chiedevo se ti eri rimessa completamente in salute. oggi sarei comunque passato dal tuo blog.
Lo so, a volte vedere che i senzatetto non reagiscono come noi ci aspetteremmo disorienta, ci porta a pensare che in fondo se la cercano, che vogliono stare male. Il fatto è che noi non possiamo sapere mai con certezza cosa c’è nel loro cuore. Noi possiamo solo offrire loro aiuto ed opportunità, ma non possiamo costringerli ad essere aiutati o a cogliere l’opportunità. Ciò non toglie che, al di la di quello che ognuno di loro pensa o prova, il rapporto umano è indispensabile per ognuno di noi.
Sorridergli, guardarli negli occhi, chiedere loro come stanno o se hanno bisogno di qualcosa è un valore umano che va oltre la semplice carità. È qualcosa che è utile anche per noi, per il nostro povero cuore!
Ti abbraccio con tanto affetto.
Sì, hai ragione da vendere. Torno alla situazione di ieri. Vado a fare la spesa al super. Tutto bene all’andata ma al ritorno la borsa pesa. Allora chiamo il ragazzo (Bhe insomma qualcosa di più di un ragazzo) e gli chiedo se m’accompagna a casa portandomi la spesa. Due euro. E arriviamo fin sotto casa. E intanto parliamo a me la chiacchiera piace. Non mi disturba accarezzare qualche mano. Guardarli negli occhi. E lì che incontri la verità. La mia salute? Un disastro: Il busto fino a marzo. E la schiena fa tanto male. E poi non sto accettando la mia disabilità. Crisi nera. Con Paolo è un continuo bisticcio……..chiedere, chiedere chiedere. Poi sembra farlo apposta tutte le cose in cucine me le mette in alto e io non arrico, prendo la sedia, salgo e , insomma faccio da me. Ieri Ada mi ha fatto una scenata: ma chiedi mamma, chiedi siamo qui! Sì sono lì ma se inizio a spostare la sedia non potrebbero anticipare loro il mio lavoro invece di gridare dopo? Non mi piace la voce sgarbata, i toni alti…..Se mi chino per raccogliere qualcosa da terra le braccia non sono mai lunghe abbastanza e poi il busto di ferro taglia. Il fisiatra: “Ma signora quelle cose non le deve proprio fare!!” “Dottore e chi le fa?” Guarda mio caro…è bene non toccare quest’argomento….Arriverà la primavera vero? Abbracci tanto caro amico.E’ bene pensare a chi sta peggio!
Eh cara Lucia, purtroppo non tutti hanno la sensibilità di anticipare le necessità dell’altro! Il Problema è che chi non ha mai dovuto dipendere da nessuno non conosce il disagio che questo comporta…
Mi dispiace per la tua salute. Ma Marzo arriva in fretta, e con lui la Primavera!!
Ti auguro una lieta giornata. 😉
Ciao Lucia.
Lo so: per chi non è abituato a farlo… chiedere è molto difficile.
Ma do ragione a chi ti rimprovera. Devi imparare a chiedere. Non pensare solo che rompi, ma anche che chi ti può aiutare lo fa volentieri. Proprio come faresti tu se toccasse a te aiutare gli altri.
E poi, pensa che fare certi sforzi rallenta la guarigione, e quindi il disagio per te e per gli altri. Non ti pare?
Per Marzo… resisti: poco più di un mese, e ci siamo.
Nell’attesa… auguri.
Ciao.
Ciao carissimo Amico, Gianni e io ogni anno alla vigilia di natale invitiamo a casa un uomo e una donna senza detto cenare con noi.. questo anno era la prima volta che lo abbiamo fatto saltare la casa nostra, ma siamo stati mangiare in un ristorante con due senza detto a Rosolina … e ogni volta queste persone ci insegnano qualcosa di bello della vita… ti abbraccio 😉
Una bella iniziativa, davvero! 🙂
E poi, è proprio vero, con la condivisione ci si arricchisce sempre. Loro hanno avuto un pasto caldo e la conferma che non sono invisibili e voi avete potuto scoprire cose che non conoscevate della vita e degli altri.
Ciao, a presto.
Anni fa mio padre mi disse una volta… non poi cambiare il mondo, ma poi regalare qualcuno un attimo di felicità..
ho iniziato ancora in Austria con questa mia usanza di invitare due senza detto alla vigilia di Natale.. e lo faccio finché vivo 😉
Tuo padre, ancora una volta, aveva ragione… e se tutti ragionassimo in questi termini potremmo perfino cambiare il mondo!
Un abbraccio.
siamo ancora in tempo a capovolgere il mondo (nel senso bene) …
argomento tristissimo e di grande attualità, con la popolazione italiana che continua a regredire…ci sono persone generose e caritatevoli che fanno miracoli per aiutarli anche se non è mai abbastabnza per assicurare a tutti un vero beneficio. devo dire che però che per alcuni di loro è una vera scelta di viata e che non vorrebbero vivere in nessun altro modo.Il modo di definirli non mitiga il loro stato, ne lo acuisce, sono un modo di definirli
Credo che per aiutare qualcuno non dobbiamo aspettarci che cambi il suo modo di pensare o di interpretare la vita. A volte basta offrire una coperta o un pasto caldo per fare la differenza…
Ciao, buona giornata.