Scienza

L’Esperimento di Milgram

Fin dove può arrivare l’obbedienza ad un’autorità?

L’Esperimento di Milgram

L’esperimento di Milgram, eseguito nel 1961 dallo psicologo Stanley Milgram, è diventato un classico della psicologia sul tema dell’obbedienza.

L'esperimento di Milgram

Ti sei mai chiesto, ad esempio, come sia stata possibile tanta obbedienza nei confronti di Hitler durante il Nazismo nonostante l’immoralità degli ordini che impartiva? Gli atti crudeli delle SS nei confronti di quegli innocenti sembrano il frutto di una specie di magia nera. Pare che i militari che detenevano i prigionieri ebrei avessero sedato la propria coscienza e non fossero in grado di provare alcuna pietà.

L’esperimento di Milgram è nato proprio dall’esigenza di capire questo meccanismo. Fin dove può spingersi l’obbedienza di un individuo a degli ordini quando questi entrano in conflitto con la sua coscienza e con la sua morale?

L’Esperimento

L’esperimento di Milgram consisteva in una procedura molto semplice. Quaranta soggetti tra i 20 ed i 50 anni sono stati reclutati, dietro ricompensa, ad eseguire un test sulla memoria e sull’apprendimento. In realtà però, loro insaputa, facevano parte dell’esperimento dello psicologo per capire fino a che punto obbedire può diventare pericoloso.

Attraverso un sorteggio truccato venivano assegnati dei ruoli. Gli attori per il test risultavano essere tutti allievi mentre le persone realmente prese in esame erano insegnanti.

Gli insegnanti venivano messi in una stanza con lo scienziato, che rappresentava l’autorità, e venivano invitati a fare delle domande agli allievi che si trovavano nella stanza accanto. Gli insegnanti venivano posti di fronte ad un generatore di corrente elettrica collegato con degli elettrodi agli allievi. Ad ogni risposta errata, avevano l’obbligo di dare scariche elettriche di potenza sempre crescente. Le scosse partivano da 15V fino ad arrivare a 450V, una scarica elettrica mortale, chiaramente segnalata sul pannello del generatore di corrente.

Ovviamente la scossa non arrivava mai agli attori che, comunque, simulavano urla e lamenti man mano che le scossa cresceva. Otre i 330V gli allievi dell’esperimento di Milgram tacevano, al fine di far pensare ad uno svenimento dovuto all’eccesso di dolore.

Lo scienziato aveva il ruolo di esortare in modo pressante l’insegnante per spingerlo a proseguire il test nonostante la sofferenza degli allievi. Venivano usate frasi del tipo “continua, per favore”, “non hai scelta devi andare avanti”, “è essenziale che continui”. I soggetti esaminati manifestavano livelli di tensione altissima ed esprimevano a voce il desiderio di interrompere l’esperimento. Nonostante questo però, il 65% di loro arrivò a dare la scossa da 450V.

I Risultati

L’esperimento di Milgram dimostra il ruolo determinante che ha sulla nostra coscienza l’autorità a cui ci sentiamo subordinati. Quando un’autorità viene percepita come legittima, la maggior parte della gente è disposta ad andare anche contro i propri valori morali per obbedirle. Il peso sulla coscienza viene alleggerito non considerandosi direttamente colpevoli delle proprie azioni, solo perché è stato qualcun altro ad ordinarci di compierle.

Quello che trovo interessante è che, in esperimenti successivi, fu dimostrata anche la forza della ribellione. Quando una sola persona si rifiutò davanti agli altri di portare a termine l’esperimento di Milgram, 36 insegnanti su 40 non arrivarono alla scossa da 450V.

“A volte non è tanto il tipo di persona che siamo ma la situazione in cui ci troviamo a determinare le nostre azioni” Stanley Milgram

Lettura consigliata: Obbedienza all’autorità. Uno sguardo sperimentale di Stanley Milgram

Obbedienza all'autorità. Uno sguardo sperimentale

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9 Commenti

  1. Su una cosa sono d’accordo: è necessario che almeno una persona virtuosa faccia il primo passo. Gli altri seguiranno. Ma qualcuno deve rompere ghiaccio e schemi. Altrimenti si continuerà ad essere sottomessi. In infinite altre situazioni.

    1. Io credo invece che ognuno di noi dovrebbe imparare ad ascoltare la propria coscienza. A volte ubbidire è una scelta giusta, altre volte no… e per capire la differenza bisogna esercitare il proprio intelletto e sentirsi pienamente responsabili delle proprie azioni, valutandone le conseguenze. “È colpa di” è una frase troppo usata ultimamente!
      Ciao, a presto.

  2. Insomma, l’esperimento conferma il fatto che siamo un branco di pecoroni incapaci di ragionare con la nostra testa. Dobbiamo sempre seguire qualcuno. O il leader maligno che ci impone di agire in modo diverso dal nostro modo di essere o un leader positivo che ci dà l’esempio iniziale per indurci alla ribellione. La responsabilità delle proprie azioni è un segno di maturità. Purtroppo, la mancanza di questa responsabilità segna il successo del branco, che è in grado di fare del male proprio perché agisce con differenza numerica: tanti che maltrattano pochi.

    1. Proprio così. Infatti ho sempre pensato che assumersi la responsabilità delle proprie azioni sia qualcosa che dovrebbe far parte dell’educazione di tutti i giovani, sia a casa che a scuola.
      Buona serata.

  3. Che esperimento truce. Ma sicuramente da delle risposte su come ci si lascia condizionare. Sì penso che sia molto veritiero e anche il fatto che appena uno si ribella poi altri si aggregano alla ribellione. … chissà come avrei reagito io se fossi stata al loro posto. Serena giornata

    1. Non è facile capire come ci saremmo comportati noi al loro posto. Uno può pensare di essere diverso, migliore, ma spesso le circostanze battono le nostre migliori intenzioni.
      Ciao, buona settimana.

  4. Fa riflettere questo post anche perché è un fenomeno riconducibile ad altre dinamiche che succedono anche in rete,dove ancora tutt’oggi mi trovo spiacevolmente spettatrice …si clona una consonante per alimentare odio e fare della coscienza altrui la propria e poi addosso all’anonimo per creare spaccature sociali dove la carta di identità ,con volto nome e cognome camuffa una garanzia che ormai non è tale scoprendosi per ciò che di coscienza si è purtroppo.
    Eh si …ci vuole coraggio a sentirsi fuori dal “coro” …. ma felicemente nel “cuore”.

    Grazie e buona settimana mister Loto a te e a chi ultimamente commenta qui più del solito:)

    1. L’essere umano non è mai cambiato, le dinamiche delle sue emozioni e dei suoi comportamenti sono sempre le stesse, nonostante il “progresso” e la tecnologia. Solo la consapevolezza e, come diresti tu, l’amore possono aiutarci a cambiare in meglio.
      Ciao, buona settimana anche a te.

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