Psicologia

Accettare la Morte

Una riflessione sulla trascendenza dell'esistenza

Accettare la Morte

Accettare la morte è un tema complesso, spesso carico di emozioni contrastanti come paura, tristezza e persino rabbia. Tuttavia, è anche un’occasione per riflettere sulla nostra esistenza e trovare un significato più profondo nella vita stessa.

Accettare la Morte

Siamo tutti viaggiatori in questo intricato percorso chiamato vita e, da quando siamo nati, sappiamo che la fine è inevitabile. La morte, una compagna silenziosa e ineluttabile di ogni essere vivente, fa parte del ciclo dell’esistenza terrena eppure ci spaventa.

La paura della morte è un’emozione comune e comprensibile, sia quando questa rappresenta la fine della nostra vita sia quando si riferisce a chi amiamo.

Accettazione e Consapevolezza

Può sembrare un abisso oscuro e sconosciuto, eppure è solo abbracciando la nostra mortalità che possiamo davvero apprezzare il valore della vita. Accettare che tutto ciò che è vivo è destinato un giorno a lasciare questo mondo ci spinge a vivere ogni momento con gratitudine e consapevolezza. La morte ci ricorda che il tempo è limitato e che ogni giorno che ci viene concesso è un dono prezioso.

Accettare la morte non significa rassegnarsi passivamente al suo inevitabile arrivo ma abbracciare la sua presenza come parte integrante del nostro cammino. Quando comprendiamo che la morte fa parte della natura stessa dell’esistenza, possiamo imparare ad affrontarla con serenità e rispetto.

Accettare la morte significa anche accettare l’impermanenza di tutto ciò che ci circonda: le persone, gli eventi, le emozioni. Questa consapevolezza ci spinge a valorizzare ciò che abbiamo e a vivere una vita autentica e significativa. Concentriamoci sul presente, con gratitudine e consapevolezza, sperimentando una gioia più profonda e duratura.

Accettare la Morte

L’Ignoto

La morte ci confronta con il mistero dell’ignoto. Oltre l’ultimo respiro, si apre un varco nel regno dell’incognita. Questa incertezza può generare un senso di meraviglia e curiosità. L’accettazione della morte può stimolare una profonda ricerca di significato, portandoci a esplorare le domande esistenziali fondamentali sulla vita, la spiritualità e il nostro posto nell’universo.

Rifletti sulle tue convinzioni personali riguardo alla morte e all’aldilà. Esplora diverse prospettive filosofiche, spirituali o religiose per trovare una convinzione che possa darti conforto e una comprensione più profonda della morte.

Accettare la morte ci invita a guardare oltre il velo dell’esistenza terrena e a contemplare la possibilità di una dimensione trascendente. Può perfino portarci a un senso di pace interiore. Quando abbracciamo la nostra finitezza, siamo in grado di lasciare andare le piccole preoccupazioni e concentrarci su ciò che è veramente importante.

Il Significato della Vita

Identificare le cose che sono veramente importanti per te e cercare di dedicare il tuo tempo ed energia a ciò che ti dà gioia e soddisfazione aiuta ad accettare la morte. Concentrati sulle relazioni significative, su ciò che ami e che dà un senso alla tua esistenza.

Si può raggiungere l’accettazione anche con un atteggiamento più pragmatico. Parlare della morte con le persone a cui tieni e informarti sul processo di lutto può aiutarti a familiarizzare con l’argomento. Educarsi su questi temi può contribuire a ridurre l’ansia e a fornire una prospettiva più chiara.

In conclusione, accettare la morte è un viaggio di crescita e consapevolezza che ci invita a riflettere sulla natura della vita stessa. Affrontare e superare questa paura è un viaggio personale, un processo che richiede tempo e riflessione, ma ognuno di noi troverà il proprio modo di far fronte a questa realtà ineludibile. Accogliamo la morte come parte del nostro viaggio e in questo abbraccio troveremo la forza per vivere una vita piena di significato e realizzazione.

Lettura consigliata: La notte non fa paura. Riflessioni sulla morte come parte della vita di Kathryn Mannix

La notte non fa paura. Riflessioni sulla morte come parte della vita

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20 Commenti

  1. Quando ho letto il titolo ho pensato: “Minch.. Mr. Loto punta alto”. Eppure c’è chi non accetta la morte, ma ancor più i disagi, la malattia, il sopravvivere. Quello che alla morte ti fa pensare come soluzione, e non come pena. Ecco, forse è lì che dovremmo concentrare sforzi e consapevolezza. Non nel morire, ma nel vivere male.

    1. Giusto per iniziare la settimana in allegria! 🙂
      Scherzi a parte, questi sono argomenti “pesanti” e scomodi che però tutti, prima o poi, ci troviamo ad affrontare. Secondo me è meglio pensarci quando si ha il cuore più leggero e la mente meno oppressa dalle malattie e dai disagi. L’accettazione richiede tempo, è meglio comprendere la nostra natura mortale il prima possibile.
      Un saluto!

  2. Mio padre mi diceva sempre che non aveva paura di morire, ma di soffrire. In effetti ci sono persone che soffrono molto prima di morire e sempre mi chiedo perché il destino abbia voluto far soffrire così tanto quelle persone prima di portarle nella tomba. Dopo tanto dolore la morte arriva come una liberazione, sia per il malato che per i suoi familiari, che non ne possono più di vederlo stare così male. Mi capita spesso, ultimamente, di pensare alla morte. Ormai la strada percorsa è molto più lunga di quella che potrò ancora percorrere e mi spaventa l’idea del dolore per arrivare alla fine. Poi cerco di non pensarci più e di vivere il presente, fino alla volta successiva, in cui il pensiero farà capolino nella mia mente. In quanto alla morte in se stessa sarebbe molto bello poter credere che, improvvisamente, mi ritroverò in un’altra dimensione in cui potrò nuovamente stare con tutte le persone che mi hanno lasciata. Sarebbe bellissimo. Ma, più facilmente, la morte sarà simile all’anestesia. Sono stata anestetizzata diverse volte, per piccoli interventi. Erano momenti di vuoto assoluto, senza sogni, senza consapevolezza. Il nulla.

    1. Mi colpisce quel “più facilmente” nelle ultime righe del tuo commento. Ovviamente nessuno ha alcuna certezza su ciò che verrà dopo ma a me sembra molto più probabile un cambiamento di stato piuttosto che il nulla eterno. Anche le sofferenze le vedo come una sorta di epurazione che permettono allo spirito di distaccarsi dalla materia più leggero. Ma questi sono punti di vista dettati dal proprio sentire personale, quindi è ovvio che non ha senso intavolare una discussione! Posso solo dire che la mia interpretazione mi aiuta a guardare alla morte come ad una sorella… e non è poco!
      Un abbraccio.

  3. Ho sempre trovato illuminante la medaglia con i suoi due opposti.

    Vita/morte,salute/malattia, inverno/estate, povertà/ricchezza,buio/luce,amore/odio etc…

    Mi chiesi un giorno se non vi fossero questi opposti avrebbe un senso la nostra esistenza?Forse si,ma non in questa terrena, perché in questa noi siamo di passaggio e la morte è li a ricordarcelo ,ed è importante e necessario pensarci secondo me, più che accettarla perché in fondo non è che avessimo altra scelta.Pensarci dovrebbe venirci naturale e quanto sarebbe bello addormentarsi sereni nel dire a se stessi ho cercato di fare tutto quello che ho creduto giusto e se non ho adempito come Dio avrebbe voluto ,mi affido a Lui e al Suo perdono.

    Qualcuno dirà leggendo – la fai facile mica sappiamo come e quando avverrà questo momento? Potrei ammalarmi e la mia facoltà mentale potrebbe subire danni e farne a mia insaputa,come posso impegnarmi per qualcosa di incerto?

    Ma appunto per questo dico che bisogna pensarci, perché ogni istante è prezioso per non rimandare a un domani incerto ciò che posso fare oggi! – Mmmh,ma cosa intendi esattamente sii più chiara!
    Intendo che dovremmo essere grati ogni momento e fare più bene possibile, questa è la ricchezza che dobbiamo cumulare…amare e perdonare il più possibile prima che la nostra clessidra terminerà il suo ultimo granello di sabbia,per addentrarci in una nuova dimensione di vita!

    …i miei dialoghi interiori:)

    Ciao mister

      1. Forse è il modo in cui io realizzo il mio modo di percepire che non è idealizzarlo.Tocco con mie stesse mani quanto credo.

        La mia “sofferenza” a differenza di altri è più legata al portare fuori da me quanto credo per rivelarlo agli altri,quella sorta di “aborto” della testimonianza della vita,quel qualcosa che muore nel momento che è vita stessa per me.Non perché sia una arresa,ma una consapevolezza comunicativa inesprimibile che da un lato mi rimanda piacevolmente nelle braccia del Dio in cui credo e so che mi ascolta e mi conforta quale persona fragile come tutti,dall’altro la lucida consapevolezza di mancanza di ascolto se non come forme di pregiudizio o di avvistamento alieno:)

        Serena giornata

  4. Eh qui non sono poi così forte. Purtroppo ho proprio paura della morte e non riesco a vivere questo argomento serenamente. Da giovane avevo pensieri più “distaccati” e di accettazione. Dopo che ho avuto mia figlia, lo associo a quello, ho molta più paura e questo “non sapere” lo vivo alquanto male. Crescerò? Chissà …

    1. Quando si hanno dei figli penso sia naturale avere paura della morte. Si teme di lasciali da soli, si soffre per tutto ciò che della loro vita ci sarà negato conoscere. Però pensare alla morte, almeno di tanto in tanto, aiuta a ridimensionare i problemi e a vivere con più leggerezza. Bisogna riflettere per riuscire ad elaborare.
      Un abbraccio.

      1. Eh sì bisogna che ci lavoro un pò su su questa cosa. Vorrei essere un pò più come il mio educatore cinofilo, lui dice che i figli sono la nostra continuazione genetica. E così è ma … è difficile eccettare. Serena giornata

  5. Ciao Mr. Loto, argomento molto interessante, intrigante e profondo. Più che di accettazione si tratta della consapevolezza dell’inevitabile e perciò il farsi una ragione di questa ultima fase della vita.
    Personalmente non ne ho paura perché, appunto, me ne sono già fatto una ragione; da giovane non ci pensi ma mano a mano che l’età avanza ti rendi conto, ti fai delle domande e cerchi delle risposte.
    La cosa importante per non averne paura è la consapevolezza di aver vissuto, aver vissuto una vita con gioie e dolori come penso succeda a tutti noi ma con soddisfazione, cosciente ( da qui le domande ) di aver fatto tutto quello che nei limiti era possibile fare per noi stessi e per la nostra famiglia. A questo punto, soddisfatte queste ultime riflessioni e se la somma è positiva perché aver paura, il risultato finale è inevitabile!
    Ma l’argomento paura non finisce qui poiché nella nostra esistenza ci sono anche le malattie e queste mi incutono un certo timore, la paura viene dopo quando le malattie arrivano e quella che mi fa più paura è la malattia mentale cioè il non comprendere più dove sei, cosa fai e chi sono i tuoi cari, questa si è terribile e quindi ti propongo un’altra riflessione anche se mi immagino già la tua risposta: l’EUTANASIA.
    Perché un essere umano deve essere costretto a diventare una larva tenuta in vita forzatamente quando è chiaro che non c’è più nulla da fare? Parlo di una eutanasia consapevole da decidere in anticipo perché esiste una dignità dell’uomo e questa dignità deve essere difesa a costo della morte!
    Ti ho proposto un altro tema e con questo ti saluto cordialmente e attendo i tuoi illuminanti, come sempre, punti di vista.
    Gamaximo

    1. Potrei risponderti con un mucchio di riflessioni sul senso del dolore e su come il termine “dignità” sia oggi tristemente frainteso ma non credo che ce ne sia bisogno perché queste cose, secondo me, le sai già.
      Invece ti racconto un piccolo aneddoto della mia vita personale.
      Quando ero più giovane avevo un pastore tedesco che adoravo. Si è ammalato gravemente, l’ho fatto curare con ogni mezzo che avevo a disposizione ma poi il veterinario mi chiese di dargli il consenso per addormentarlo per sempre perché tanto sarebbe morto a breve, soffocato.
      All’inizio ho detto di no ma poi, vedendo il mio amico a quattro zampe sempre più debole e sempre più incapace di reagire, ho acconsentito.
      Sono passati vent’anni e ancora mi sento in colpa.
      Sarebbe morto lo stesso, magari avrebbe sofferto di più, ma io sarei stato con lui fino alla fine e avrei fatto di tutto per alleviare il suo dolore. E lui avrebbe saputo che non l’avrei mai, mai lasciato solo davanti a ciò che stava affrontando.
      Secondo me è questo che dobbiamo fare. Starci vicini.
      Il dolore, la malattia e la vecchiaia oggi fanno più paura della morte proprio perché non abbiamo il coraggio di guardarli in faccia e siamo abituati a pensare al singolare. Ma anche queste cose che spaventano tanto fanno parte della nostra natura fisica, come la morte.
      Diciamo che preferisco un doloroso coraggio ad una vigliaccheria travestita da dignità. Però ti assicuro che capisco anche il punto di vista opposto. Il nostro spirito è tanto debole nella nostra epoca e non tutti ce la fanno a reggere… ma non raccontiamoci storie per giustificare le nostre debolezze. Ultimamente non si fa altro che questo.
      Saluti.

      1. Vedi, ci capiamo sempre pur se con punti di vista diversi.
        Pensa che anche nella cosa che mi hai raccontato relativa al tuo cane abbiamo avuto delle affinità.
        Anch’io ho avuto un cane, un pastore belga che aveva quasi 16 anni , ed ho passato gli stessi momenti. Era nel giardino di casa mia con grosse difficoltà di respirazione ed ho chiamato il veterinario per capire cosa si potesse fare ma nel frattempo era entrato in coma per cui ho richiesto al medico se si potesse fare qualcosa per abbreviare questa vita che ci lasciava. Bene, il medico dice ma quando è tornato il cane ci aveva già lasciato per cui non ho avuto questo senso di colpa ma ho pensato che quella era la cosa più giusta da fare. Praticamente fino a che è stato lucido io sono stato con lui.
        Triste la storia che non cambia quello che ti ho detto nel mio post precedente.
        Un’eutanasia consapevole è la soluzione.
        Un caro saluto.
        Gamaximo

  6. Al liceo ero affascinata dai filosofi che affrontavano questo tema: Socrate, Epicuro, poi Agostino, con i loro pensieri e i loro ragionamenti che partivano da presupposti diversi. La mia cristianità mi fa vivere l’idea della morte come l’aspettativa di un aldilà che io immagino, anzi spero, sia migliore. In realtà, più che temere la morte in sé, ho paura del come ciò avverrà (malattie in cima alla lista) e dell’indeterminatezza del quando, perché accettarla quando si è nel pieno della vita, in età giovane, è dura e fa male.

    1. Accettare la morte nel pieno della vita può essere destabilizzante oltre a far male ma è utile per imparare a vivere. Ci sono troppe persone che vivono male per motivi che, nell’ordine della nostra esistenza mortale, sono davvero irrisori. Pensa che quando sono arrabbiato vado a fare una passeggiata al cimitero. Mi aiuta a mettere i miei problemi nella giusta prospettiva.
      A presto!

  7. Una cosa è la morte, come fine ineluttabile della vita al termine del suo percorso. Altra cosa è la morte improvvisa, prematura, inaspettata. La seconda mi crea preoccupazione, soprattutto nei confronti di chi amo. La perdita improvvisa di qualche persona cara mi ruba il sonno, talvolta. Mi capita di chiedermi “cosa faro se….”. Se poi si tratta di persone giovani, l’ansia aumenta. Si cerca di scacciarla e andare oltre, ma non è facile. Per quanto riguarda la mia persona ho sentimenti contrastanti. Mi è capitato di invocarla, ma nel mio intimo sapevo che la cosa mi terrorizzava, pensando al momento del trapasso, al dolore eventuale, all’evento in sé, se sereno o cruento. Ci sarebbe molto da dire. Buon proseguimento

    1. Mi piace pensare che quando una persona muore è perché la sua anima è pronta a liberarsi dal corpo, un po’ come succede ai bruchi quando diventano farfalle. Le morti improvvise sono molto difficili da affrontare per chi resta, ma se si cerca di vederle come anime che si liberano fa un po’ meno male.
      Ti abbraccio.

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